martedì 26 aprile 2011

Adattamento soggettivo alle variabili oggettive, il metodo di crescita e di trasformazione dell'individuo: come afferma la Religione Pagana




Tutto diviene per adattamento soggettivo.
Questa ricerca sulla formazione del linguaggio infantile, ancora una volta, lo dimostra.
La ricerca mette in evidenza un meccanismo attraverso il quale il bambino forza l’organizzazione della sua ragione per far giungere alla ragione l’intuizione che introduce delle novità nello schema del mondo che fino ad allora ha costruito. Il genitore che parla al bambino, attrae l’attenzione del bambino e nel fare il discorso provoca nel bambino una “tensione ansiosa” che richiama l’attenzione su ciò che sta per succedere. La struttura emotiva del bambino vive un attimo d’ansia per accumulo di tensioni e si predispongono nell’attesa del nuovo. In quel momento il genitore trova la nuova parola o il nuovo significato delle parole che giungono al bambino provocando una modificazione della struttura neurovegetativa che porta il bambino a fagocitare il nuovo e a modificare la sua struttura psichica in funzione dell’inglobamento del nuovo dato che è giunto.
Questo meccanismo di apprendimento era già stato illustrato da altre ricerche che evidenziavano come l’ansia altro non fosse che una predisposizione soggettiva che permetteva di predisporre l’organismo ad interiorizzare il nuovo. L’ansia come predisposizione del soggetto per affrontare il nuovo. L’ansia come elemento positivo nella trasformazione dell’individuo. Ansia che assurge a sintomo di malattia quando viene accompagnata dalla paura dalla quale il soggetto vuole difendersi: la paura discrimina l’ansia che trasforma il soggetto in funzione della propria vita dall’ansia provocata dalla paura nel soggetto e impedisce al soggetto di modificarsi. Uno stato psichico malato che trasforma lo stato ansioso in vera e propria angoscia.
Nel caso del bambino e del linguaggio la pausa del parlare del genitore altro non fa che creare nel bambino quell’attesa ansiosa che una volta scaricata la tensione provocata nella rivelazione della parola o del significato trovato modifica l’intera struttura della comprensione razionale del bambino stesso.
Il linguaggio viene appreso.
Innato è solo il meccanismo mediante il quale si apprende il linguaggio; l’uso dell’ansia e l’uso dei neuroni specchio che inducono all’apprendimento mediante la fusione emotiva fra bambino che apprende e genitore o adulto che mediante la comunicazione emotiva genera lo stato ansioso.
Creazionismo ed evoluzionismo, inteso come adattamento soggettivo alle variabili oggettive che il soggetto incontra, non hanno nessuna mediazione. Non esiste l’uso del linguaggio nel bambino, esiste solo la capacità di percepire e costruire le relazioni con le emozioni che dal mondo si presentano a lui. Dalle emozioni si costruiscono delle sovrastrutture dedicate alla comunicazione, come il linguaggio razionale. Ma il linguaggio razionale è solo una sovrastruttura sulle capacità di relazioni emotive del bambino.
La via alla Stregoneria del Crogiolo dello Stregone, altro non fa che rimettere in moto questo meccanismo di apprendimento che la ragione, una volta che si è imposta sull’individuo, tende a negare e annullare nei suoi effetti pratici.
Riporto l’articolo a firma di Alessia Manfredi dal giornale La Repubblica:

Quelle "pause" del discorso

insegnano ai piccoli a parlare

Studio americano sui bambini dai 18 ai 30 mesi: le esitazioni involontarie dei genitori, quando si cerca la parola giusta, non distraggono, ma avvertono che sta per arrivare una nuova informazione, aiutandoli e attivando la loro attenzione

di ALESSIA MANFREDI


E' LI' sulla punta della lingua, ma non viene fuori. E mentre si cerca la parola giusta, tentando magari di insegnare ad un bambino piccolo una cosa nuova, capita di interrompersi, di fare pause nel discorso, di esitare. Niente paura. Quegli "mmmh" e "eeeh" non confondono il piccolo, né gli forniscono un cattivo esempio. Anzi, sono pause che lo aiutano ad imparare a parlare ancora meglio.

Parola del Baby Lab dell'università di Rochester 1, negli Stati Uniti, una sezione dell'ateneo specializzata nelle prime fasi dello sviluppo umano, all'interno del dipartimento di scienze cognitive. I cui ricercatori, in un esperimento condotto in laboratorio su bambini dai 18 ai 30 mesi, hanno osservato proprio questo: le esitazioni, gli stop, spesso del tutto involontari, di mamma e papà quando parlano ai piccoli, danno loro un segnale preciso che sta per arrivare una nuova informazione, risvegliando così la loro attenzione. Se, quindi, mentre si è allo zoo con la propria figlia di due anni, per insegnarle i nomi degli animali, si indica la giraffa, dicendo "Guarda, ecco la.... mmmm... giraffa", non si fa che allertare la bambina che quella parola che tarda ad arrivare è un concetto nuovo, su cui focalizzarsi. E verso i due anni di età, i piccoli sono in grado di utilizzare al meglio questo tipo di "aiuto" linguistico.
A quell'età sono moltissime le informazioni che i bambini devono immagazzinare quando ascoltano parlare gli adulti, fra cui molte parole che non hanno mai sentito prima. Se il cervello del bambino aspetta fino a che la parola venga pronunciata e poi cerca di capirne il significato, rischia di perdere quello che viene dopo, spiega Richard Aislin, uno degli autori dello studio pubblicato su Developmental Science, insieme a Celeste Kidd e Katherine White. Quindi, "più previsioni è in grado di fare chi ascolta su ciò che sta per essere comunicato, meglio riuscirà a comprenderlo", chiarisce il professore.
I ricercatori hanno studiato tre gruppi distinti di bambini. Ognuno sedeva in braccio a un genitore davanti ad uno schermo, con un meccanismo in grado di seguire il movimento dell'occhio del piccolo. Due immagini apparivano sul monitor, una familiare - ad esempio un libro - un'altra inventata, cui veniva associato un nome di fantasia. Una voce registrata parlava degli oggetti sullo schermo: quando si interrompeva o esitava, il bambino istintivamente guardava verso l'oggetto sconosciuto, piuttosto che verso quello noto, circostanza che si è verificata nel 70 per cento dei casi.
Le disfluenze - queste pause ed interruzioni del discorso - hanno quindi una funzione informativa, sostengono gli scienziati. "Sono importanti perché segnalano al bambino che sta per arrivare qualcosa cui prestare particolare attenzione", spiega Laura D'Odorico, esperta dell'acquisizione del linguaggio e preside della Facoltà di Psicologia dell'università Milano-Bicocca.
Lo studio, sottolinea D'Odorico, si inserisce in una questione più ampia che riguarda il dibattito sullo sviluppo del linguaggio. "Da un lato c'è la posizione di chi considera il linguaggio una facoltà innata, come Chomsky, per non ci sarebbe poi così bisogno del modello fornito ad esempio dei genitori, spesso, appunto, imperfetto. Questa ricerca segue invece un filone differente, che valorizza il ruolo dell'esempio pratico, da cui il bambino ricava input rilevanti ascoltando gli altri parlare intorno a sé, per poi apprendere a sua volta a parlare".

Già altri studi, ricorda la professoressa, hanno evidenziato l'importanza di vari indizi del parlato che il bambino usa, come il fatto che i genitori innalzano il tono di voce quando stanno per introdurre parole nuove. "Anche quello diventa un segnale per il bambino che si sta per introdurre una cosa nuova", aggiunge.

Lo studio americano sottolinea che il bambino utilizza queste disfluenze in modo ottimale quando è già piuttosto grande, verso i due anni. Uno stadio in cui è già in grado di formare frasi rudimentali, mettendo insieme due-quattro parole, e può già contare su un "bagaglio" di qualche centinaio di vocaboli. Non vale, quindi per i più piccoli.

"E sarebbe interessante scoprire se gli stessi risultati si osservano, oltre che in laboratorio, anche sul parlato spontaneo dei genitori", conclude D'Odorico, "quando parlano coi bambini con le stesse pause e imperfezioni", non pronunciate da un monitor.



Riuscire a capire l’importanza dell’ideologia, dei comportamenti, del pensiero astratto che agisce nell’ambiente e nel quale il bambino costruisce i suoi adattamenti soggettivi significa poter costruire un ambiente favorevole alla crescita e all’acquisizione, da parte del bambino, di strumenti adeguati con cui affrontare l’ambiente stesso.
Purtroppo i bambini sono sempre stati violentati nella psiche partendo da idee apriori che i cristiani leggevano su quella fogna del loro libro che è la bibbia. L’idea cristiana che i bambini fossero creati dal loro dio padrone ha distrutto il divenire dei ragazzi nel modo più squallido che si possa immaginare fino a farli violentare sessualmente in quanto oggetti creati dal loro dio padrone.
Anche se la psicologia ha fatto passi da gigante, l’idea cristiana che i bambini vanno pestati per educarli, è ancora l’idea base della popolazione italiana e spesso giornalisti compiacenti, come Lauredana Marsiglia, sono pronti a giustificare la violenza sui bambini per “ragioni educatrici”. I magistrati sono pronti a perseguire i cittadini illegalmente pur di garantire a Lauredana Marsiglia il diritto di giustificare la violenza sui bambini.
Che schifezza!


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